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Il Bilancio di competenze

di Simone Cini

Possiamo far risalire le basi del Bilancio di Competenze (da ora BdC)  al lavoro di Super sullo sviluppo vocazionale e all’individuazione, da parte di questo, di tre punti fondamentali per gli sviluppi successivi di ogni lavoro di orientamento:

  • Lo sviluppo vocazionale è un processo continuo;
  • L’importanza dell’immagine che ciascuno ha di sé;
  • Che importanza ha il lavoro nella vita di ciascuno.

Super definisce anche le fasi dell’intervento di orientamento:

  1. Valutazione dell’importanza del ruolo lavorativo per la persona
  2. Analisi dello sviluppo professionale raggiunto dal cliente
  3. Valutazione dell’identità professionale, della attitudini, degli interessi, dei valori della persona
  4. Approfondimento del concetto di sé

In Francia il BdC si sviluppa agli inizi degli anni ottanta in stretta collaborazione tra tutti gli attori del mondo del lavoro – parti sindacali, datoriali e pubblico – anche se fin dagli anni settanta compaiono provvedimenti legislativi che ne favoriscono il radicamento.

Sarà poi con la legge 91 – 1405 del 31/12/1991 che il BdC trova il suo riconoscimento ufficiale. In un passo della legge troviamo scritto che “…le azioni di bilancio di competenze permettono ai lavoratori di analizzare le proprie competenze professionali e personali, così come le proprie attitudini e motivazioni, allo scopo di determinare un progetto professionale e, se necessario, un progetto di formazione”.  Nella circolare n.93/13 del 1993 viene ulteriormente specificato che “…un bilancio di competenze deve permettere al lavoratore di passare in rassegna tutte le sue attività professionali allo scopo di fare il punto sulle sue esperienze personali e professionali; reperire e valutare le sue acquisizioni legate al lavoro, alla formazione alla vita sociale; meglio identificare i suoi saperi, le sue competenze e attitudini; scoprire le sue potenzialità inesplorate; raccogliere e strutturare gli elementi che gli che gli consentono di elaborare un progetto professionale e personale; gestire al meglio le sue risorse personali; organizzare le sue priorità professionali utilizzare al meglio le sue risorse nella negoziazione dell’impiego o nella scelta di carriera.  […] in questo spirito il bilancio di competenze deve integrare totalmente e contemporaneamente una dimensione retrospettiva […] ed una dimensione prospettica…”.

In Italia il BdC comincia a trovare spazio all’interno dei vari servizi per l’impiego (all’inizio Emilia Romagna e Toscana) anche se in forme che, seppur prendano spunto dal modello francese presente nei C.I.B.C., lasciano spazio a numerose personalizzazioni.

Il BdC è un percorso nel quale un cliente, accompagnato da un esperto, valuta la sua situazione nell’intero arco temporale possibile in modo da poter costruire un progetto che favorisca il suo sviluppo professionale.

  • Passato: si tratta di una valutazione del percorso che a portato alla situazione attuale. Quindi una valutazione e, soprattutto, un’autovalutazione, delle conoscenze, attitudini, valori, capacità, interessi ecc. riguardanti il proprio percorso professionale;
  • Presente: nel presente si muove l’azione, le motivazioni, i bisogni, le  attese scoperte da soli o con l’aiuto di altri che spingono a richiedere un BdC
  • Futuro: qui si concretizzano l’analisi del contesto, delle possibilità, il riconoscimento delle competenze esistenti o da sviluppare del soggetto e si muove nella direzione di un processo di cambiamento del soggetto.

Si tratta di un’autovalutazione che ha come obiettivo finale quello di precisare un obiettivo professionale. Tale obiettivo deve avere almeno tre caratteristiche. Deve essere:

  • Reale: non può cioè non tener di conto delle opportunità, ma anche delle limitazioni, del mercato del lavoro, degli aspetti personali e di quelli delle zone locali prese in esame;
  • Concreto: in quanto potremmo correre il rischio di definire obiettivi che si muovono nella direzione dell’eccessiva leggerezza o dell’eccessiva ambizione. Nel primo caso il rischio è quello di non trovare stimoli per raggiungerli e nel secondo di trovarsi al centro di eventi eccessivamente frustranti, in ambedue i casi è evidente l’esito;
  • Comunicabile: ovvero la possibilità di poter raccontare, a se stessi in primo luogo e agli altri, cosa vogliamo. La capacità di saper raccontare qualcosa definisce la padronanza che ne abbiamo, fare in modo che i nostri racconti siano dettagliati e precisi permette la visualizzazione degli obiettivi, delle strategie, ci da il senso dell’importanza che noi attribuiamo a quella cosa.

Tutto questo ci racconta quanto possiamo e vogliamo realizzare, quali sono le risorse che abbiamo a disposizione, in poche parole il quadro di fattibilità.

Inoltre, come ogni intervento che ricade in una dimensione più ampia di orientamento ed empowerment del soggetto, deve avere ampie ricadute sulla capacità del soggetto di mettersi in azione, di attivarsi per raggiungere l’obiettivo individuato.

Anche in funzione di quanto affermato da Yatchinovsky e Michard e riportato da Loiodice possiamo anche definire cosa non è il BdC:

  • non è una serie di test
  • non è una diagnosi di personalità
  • non è una psicoterapia
  • non è una prova di selezione
  • non è un colloquio di valutazione
  • non è un semplice riconoscimento delle risorse acquisite

Solitamente chi si affida ad un BdC richiede molto di più, sia in termini di quantità che di qualità, di quanto elencato sopra. Non si tratta di sminuire le azioni presenti nell’elenco ma di riconoscere bisogni che in quanto elencato non possono trovare risposta.

Quindi: il BdC rappresenta un’azione che ha come obiettivo principale lo sviluppo dell’identità professionale dei soggetti ed attualmente possiede strette relazioni con le politiche attive del lavoro e con la formazione continua.

Nel BdC possiamo riconoscere quindi, facendo una divisione che in realtà è soltanto una semplificazione, tre fasi:

  1. Accoglienza: in questa fase si esegue un’analisi iniziale della domanda, si offrono informazioni precise sul percorso di bilancio, si cerca di far emergere motivazioni ed attese, si comincia a costruire le basi per il contratto;
  2. Bilancio: adesso si comincia, dopo aver compilato il contratto, a rilevare gli aspetti centrali quali, per es. la motivazione, le capacità, gli interessi, i valori, le esperienze pregresse ecc. Inoltre si inizia a valorizzare quanto elencato prima in modo da rendere evidenti le relazioni tra il soggetto, il territorio e le opportunità che questo offre in modo da rendere le competenze spendibili. Ancora si da risalto alle possibilità di costruzione delle ipotesi professionali emerse;
  3. Restituzione ed accompagnamento: nell’ultima fase avviene la rielaborazione del lavoro svolto per costruire la sintesi degli elementi che il soggetto ha fatto venire a galla nella fase precedente. Ancora si definisce un piano d’azione e sono decise le modalità con cui il progetto professionale verrà messo in essere. La restituzione al cliente avviene per quegli elementi significativi. Viene inoltre definito il portafoglio delle competenze.

Il lavoro in realtà non è concluso, esiste infatti la possibilità che il cliente debba essere seguito nelle fasi successive nel caso in cui vi sia necessità di ulteriori aggiustamenti del progetto professionale.

Riferimenti bibliografici

Batini F., Giaconi A., Orientamento informativo, Erickson Editore, 2006

Giaconi A., Antoni G., Trovare il lavoro che piace, Maggioli Editore, 2006

Super D.E., A theory of vocational development, «American Psychologist» 8, 1953, pp. 185-190

Super D.E., The psychology of careers, New York, Harper, 1957

Yatchinovsky A. e Michard P., Le bilan personnel et professionnel, ESF Editeur, Paris, 1994

Quanto presente in questa pagina potrà essere riutilizzato soltanto accompagnato dalla dicitura: Materiale prodotto da Associazione Pratika –www.pratika.net

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