di Federico Batini
Che cosa è in fondo un curriculum vitae se non un racconto sintetico su noi stessi?
Se da ragazzini tenevate un diario, è il caso di andare a rispolveralo: potrebbe esservi utile per scrivere il CV. Secondo un recente studio, pubblicato sulla rivista americana Journal of Vocational Behaviour e ripreso dal settimanale Business Week, pare infatti che i selezionatori in azienda apprezzino il così detto “curriculum narrativo”, quello in cui il candidato non si limita a elencare le esperienze professionali e le capacità acquisite nel corso degli anni, ma spiega anche il perché di certe scelte, descrive il rapporto con il capo e i colleghi, evidenzia i risultati più significativi, così come gli insuccessi, magari legati a momenti particolari della vita personale.
E’ bene chiarire da subito che il curriculum vitae non è uno strumento standard, da tirare fuori ed aggiornare quando se ne presenti la necessità. Eppure si nota che la maggior parte dei curricula consistono nella compilazione, nemmeno troppo raffinata, di modelli di larga diffusione come quelli presenti sui pacchetti di software più comuni o reperibili su internet.
La prima domanda da porsi è: a cosa deve servire il curriculum che sto scrivendo?
Un curriculum vitae indirizzato ad un’azienda in risposta ad un annuncio di selezione di personale, ad esempio, sarà ben diverso da uno inviato a supporto della partecipazione ad un concorso pubblico. Con il primo il nostro scopo sarà suscitare interesse nel selezionatore intercettando alcune delle caratteristiche potenziali del lavoratore che la ditta sta cercando; il secondo invece dovrà essenzialmente evidenziare le informazioni che possono attribuire punteggio in base ad una griglia di valutazione predeterminata, senza preoccuparsi troppo dell’aspetto e dello stile.
Come mai, allora, risulta così difficile scrivere il proprio curriculum vitae?
La maggior parte dei giovani, in cerca del primo impiego, si ritiene insoddisfatta del proprio curriculum, ritiene che non li rappresenti.
Il curriculum vitae è lo strumento per eccellenza sul quale si riflette nel momento in cui occorre presentarsi ad un colloquio di lavoro o in un’altra qualsiasi situazione nella quale e per la quale deve essere resa nota la nostra storia formativa e professionale. Esistono ormai da anni modalità standardizzate (l’ultimo dei quali, come è noto è il curriculum vitae secondo il modello europeo) per rappresentare in forma sintetica gli avvenimenti principali del nostro percorso formativo e/o professionale. Il curriculum vitae sarebbe dunque una strutturazione standardizzata di una narrazione, la narrazione della nostra storia.
Semplificando oltremodo la questione dovrebbe dunque essere assai facile riuscire a fare sintesi di una storia, la nostra, che conosciamo bene. Una volta conosciute quelle che sono le variabili principali che ci vengono richieste sarebbe naturale, a rigor di logica, individuarle nel nostro percorso e sistemarle in forma ordinata, visibile e comprensibile ad un qualsiasi lettore, specie se interessato ad individuare quelle stesse informazioni.
Come mai, allora, risulta così difficile scrivere il proprio curriculum vitae? La maggior parte dei giovani, in cerca del primo impiego, si ritiene insoddisfatta del proprio curriculum, ritiene che non li rappresenti. Essi lamentano la propria incapacità di “riempire anche solo una pagina”, e in definitiva quasi tutti attribuiscono questo senso di frustrazione alle carenze del proprio percorso professionale, al non aver accumulato ancora esperienze professionali tali da riempire, con soddisfazione, quel foglio di carta bianca che gli si para dinanzi. Eppure è noto come sia normale non avere delle grandi esperienze di lavoro, se si è ancora studenti o si è appena terminato il percorso formativo iniziale.
In termini generali, il curriculum vitae è il nostro racconto. E’ logico che ogni volta che ci raccontiamo selezioniamo le informazioni che forniamo ed il linguaggio in base all’interlocutore, che si tratti di un collega, di un amico o di un familiare; perché non dovremmo farlo con chi deve offrirci un lavoro?
Di più: il curriculum vitae è il nostro racconto vivo; per farlo crescere non basta aggiungere dei pezzi al curriculum chiuso nel cassetto ogni volta che facciamo delle nuove esperienze, perché queste modificano le nostre competenze, integrano le conoscenze; in sostanza cambiano il quadro generale della nostra persona che offriamo ai nostri interlocutori.
Quindi un primo consiglio è quello di riscrivere periodicamente il cv dopo ogni esperienza significativa che possa aver arricchito il nostro profilo professionale e sulla base di questo affinare in funzione dello specifico destinatario il documento che andremo ad utilizzare.