di Federico Batini
Costruire significati
Le strutture narrative, derivanti dai concetti di schemi di storie, di modelli mentali, di sistemi funzionali della memoria, sono forme universali attraverso le quali le persone comprendono la realtà, se la rappresentano, le attribuiscono senso e significato e ne parlano. La narrazione non ha, però, soltanto una funzione interpretativa rispetto alla realtà esterna (il mondo intorno a noi), ma struttura anche la modalità di pensiero che abbiamo su noi stessi, ovvero quello che abitualmente chiamiamo coscienza di sé (il mondo interno). In altri termini, il Sé individuale emerge sia dalle narrazioni sul vissuto personale che l’individuo stesso propone (narrazioni autobiografiche, ma non solo) sia dalle narrazioni che altri compiono su di lui, elaborate entrambe dall’individuo stesso in nuove forme di coscienza. Risulta facile inferire come la mescolanza di questi due “mondi”, interno ed esterno, costituisca uno dei principali veicoli di produzione di significato e di possibilità di scambio rispetto ad esso. Quando racconto un evento nella narrazione sono frammisti l’evento e l’interpretazione che ne do (i sentimenti, le emozioni che mi ha provocato…) costruendo dunque, attraverso la stessa narrazione, il significato che io attribuisco a quell’evento: darò maggiore importanza ad alcuni particolari, anche non coscientemente, rappresenterò vivacemente alcuni aspetti e ne trascurerò altri etc…
Sintetizzando, potremmo asserire che la vita umana è contraddistinta dai significati, ovvero che la nostra vita è condizionata più dalle opinioni e dai significati che attribuiamo agli eventi che dagli eventi medesimi (Bruner, 1990; Watzlawick et al., 1971; 1978). Le narrazioni giocano un ruolo centrale proprio nel processo di significazione degli eventi: le narrazioni con cui (in cui) i soggetti organizzano le esperienze e gli eventi in genere costituiscono il fondamento della percezione che hanno degli altri, di se stessi, del mondo esterno.
Orientamento e narrazione
E’ ormai assodato che, soprattutto per quanto concerne la sfera professionale, ma anche per quella esistenziale, assistiamo ad una sempre maggiore imprevedibilità dei destini individuali. Parole come flessibilità, mobilità ecc. acquisiscono un senso più stringente quando si riferiscono ai costi, che vengono richiesti e pagati dall’individuo, in termini di sostenibilità psicologica. Alla solitudine del cittadino globale (Z. Baumann) si accompagna il rischio (U. Beck), in chi non si sia costruito un’identità adeguata alle dinamiche dei contesti di riferimento, di sentirsi in balia degli eventi. Gli elementi di adeguatezza di cui si parla non riguardano la variabilità del contesto in cui si vive, determinato da fattori sociali, culturali, di organizzazione del mercato del lavoro ecc., ma fanno riferimento, in primo luogo, al contesto interno. Occorrono «identità capaci di tenere insieme se stesse mentre esse stesse si modificano» (F. Batini e R. Zaccaria, 2002: 19). La narrazione, come “esito naturale” del vissuto emotivo, può contribuire alla crescita della personalità, alla creazione di un’adeguata immagine di sé, alla costruzione dell’identità.
Reiterandosi le scelte (di quantità e qualità tali da far comparire sempre più frequentemente fenomeni di disagio o vera e propria angoscia esistenziale) e non situandosi più in momenti socialmente o comunque esternamente definiti rispetto al soggetto la domanda odierna di orientamento diviene, in primo luogo, una domanda di senso, andare alla ricerca di un orientamento nel mondo, di un indirizzo per la propria esperienza, per il proprio vissuto, per progettare il proprio futuro. Sentire questa domanda come spinta profonda significa non accomodarsi su pensieri già “masticati”, oltrepassare ogni risposta che miri solo al risultato e all’utilità immediata, di conseguenza anche l’orientamento si trova a dover cambiare le proprie modalità di risposta.
Quale infatti, in una società mutevole a queste velocità, può essere la funzione dell’orientamento di secondo livello se non quello di rafforzare il soggetto, di renderlo empowered? In una società dotata di una certa stabilità e prevedibilità modelli di orientamento tesi alla risoluzione di momenti socialmente definiti come complessi, in virtù di qualche passaggio fondamentale (e ritenuto tale socialmente), potevano costituire una buona risposta, oggi, nella “società delle transizioni” occorre dare nuove risposte all’emersione di nuove domande.
L’orientamento narrativo tenta il difficile ed ambizioso percorso di rispondere pienamente alla domanda di senso e significato dell’uomo contemporaneo (Batini, Salvarani, 1999a, 1999b; Batini, Zaccaria, 2000, 2002; Batini, Del Sarto, 2005).
Le modalità narrative appaiono le forme più adeguate per stimolare processi nei quali il soggetto possa esplorare se stesso, il proprio ambiente, le proprie aspirazioni, i desideri, le competenze… Questa forma è in realtà presente da sempre: il curriculum vitae, ad esempio, non è altro che la burocratizzazione di una narrazione su sé e le forme più evolute di questo artefatto assomigliano, sempre più, a delle narrazioni. Forme come i portfolii o libretti delle competenze o i progetti professionali, sono avvicinamenti molto forti a narrazioni. L’orientamento però non può fermarsi ad un generico percorso autobiografico: l’aspetto autobiografico è uno dei punti, seppur fondamentale, all’interno dell’orientamento narrativo. Si parla di orientamento narrativo proprio perché vi sono narrazioni in grado di stimolare la narrazione su sé, narrazioni fondanti, necessarie per un percorso di orientamento, capaci anche di “innovare”, non solo di favorire “un’archeologia”. Poi c’è il confronto, l’ascolto delle narrazioni altrui, la scoperta delle narrazioni degli altri su noi, la costruzione collettiva di narrazioni.. tutti elementi che entrano in dialogo con le strutture di pensiero narrative che ci costituiscono, con le modalità relazionali narrative che ci legano, con il modo di progettarci, narrativo anch’esso, e con le innumerevoli storie che agenzie educative, scienze e mass media ci raccontano.